Le notti chiare erano tutte un'alba
Sacrario di Redipuglia.
Il cielo plumbeo è dello stesso colore della pietra
sferzata dalla pioggia. Sono pochi gli ombrelli che si inerpicano su
per la scalinata fino alle tre croci lassù in alto. Mi fermo ad
osservare i nomi della prima fila: quasi 2700 nomi, per lo più di
soldati, in ordine alfabetico, tutti raccolti sotto gli enormi
PRESENTE assegnato loro dalla retorica del regime fascista. A molti
manca il cognome, oppure il nome, ad alcuni rimangono solo le prime o
le ultime lettere di uno dei due, o di tutti e due. Sono centomila,
sotto queste pietre, ai quali sono da aggiungere i sessantamila
soldati senza nome sepolti nelle due cappelle in cima alla scalinata.
Eppure la grandiosità del luogo non riesce a trasmettermi l’enormità del dolore e della sofferenza legate alla guerra.
Era
più toccante il piccolo cimitero di Aquileia, dietro la basilica,
fatto tutto di corone di alloro di ottone stilizzate, alcune ripulite
da qualche parente pietoso, qualcuna corredata di foto, qualche altra
decorata con fiori. Poche le tombe personalizzate, tutti gli altri
sepolti secondo una sorta di democrazia della morte, sotto gli stessi
simboli, la stessa stele.

Sono
mesi ormai che leggo romanzi vecchi e nuovi sulla Grande Guerra.
Ognuno di essi mette in luce un elemento, una caratteristica di
questa guerra, la prima della modernità tecnologica. Il mio
interesse è nato in ottobre dell'anno scorso, quando un forum
inglese dedicato agli insegnanti ha cominciato a postare documenti
sulla Grande Guerra. I romanzi per ragazzi (Morpurgo, La guerra
del soldato Pace, oppure War Horse) e soprattutto i poeti
di guerra, vengono utilizzati come strumento interdisciplinare: la
tematica consente di parlare di storia, ma anche di fare lezioni di
letteratura, di grammatica, di poetica. Le risorse sono infinite:
spettacoli teatrali, letture di romanzi disponibili sul sito della
BBC, un sito della Oxford University espressamente dedicato a tutto
ciò che riguarda la Grande Guerra, i testi di tutte le poesie
disponibili online, anche quelle dei nostri poeti, tradotte in
inglese.Il link al podcast della BBC di Private Peaceful (La guerra del soldato Pace) e' questo . Il sito della Oxford University dedicato alla Prima guerra mondiale e alla poesia è questo.
Monte
San Michele. Tira un vento forte, che fa stormire le foglie. La
pietra è bianca, la parete è verticale, e alla sua base ci sono tre
grandi bocche aperte, i buchi delle cannoniere. Passano degli uomini
con il casco giallo, nella galleria, ma al museo non c’è nessuno,
è chiuso per ferie dalla fine di luglio alla fine di agosto. I
cartelli messi nel 2005 sono macchiati, pasticciati, strappati.
Qualche freccia di indicazione ti manda alla cima 4, al valloncello
dell’albero isolato, al posto di osservazione, da cui si vede quasi
Trieste, di sicuro il Carso triestino, il monte Hermada, i monti
attorno a Gorizia.Qui Ungaretti ha scritto alcune delle sue poesie più toccanti sulla guerra. Ma Ungaretti non è il solo poeta ad aver parlato di guerra, come si evince dalla bella antologia curata da Andrea Cortellessa, Le notti chiare erano tutte un'alba, Bruno Mondadori.
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| Wilfred Owen |
![]() | |
| Sigfrid Sassoon |
La loro storia viene
raccontata in continuazione, perché emblematica: Sassoon nel 1917
scrisse una lettera vibrante di indignazione alla Camera dei Comuni
per l'incapacità degli alti comandi e l'assurdità del massacro di
giovani soldati in Francia e Belgio. Da ufficiale dell'Esercito
appena rientrato dal fronte per una leggera ferita, insignito di una
decorazione al merito, venne inviato in un ospedale psichiatrico, in
attesa di verificare se fosse necessario nei suoi confronti un
processo per diserzione. Sono gli stessi nevrocomi raccontati da John Boyne in Resta dove sei e poi vai, Rizzoli, dove venivano ricoverati i soldati afflitti da shell shock. Ma anche gli stessi in cui si ritrovarono Carlo Carrà, Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, dando vita alla Metafisica. Un'esperienza, quella della guerra e dei soldati, che provocò profondi mutamenti nel modo di intendere la malattia mentale, come racconta il libro di Annacarla Valeriano, Ammalò di testa, pubblicato da Donzelli.
Paolo
Rumiz, nei DVD “La Grande Guerra” prodotti da la
Repubblica, esordisce dicendo “Non puoi capire se cammini eretto
dove loro si sono mossi strisciando, se indossi scarpe asciutte e
vestiti puliti. Non puoi”. Ma sotto la pioggia sempre più violenta
le mie spalle sono ormai fradice, i miei capelli bagnati, e non c’è
riparo. E cerco di immaginare quegli uomini di cento anni fa, sotto
la pioggia, con il
freddo, sempre gli stessi vestiti addosso, seduti in attesa del proprio turno di vedetta, o del rancio che arrivava dalle retrovie. Quasi tutti i romanzi per ragazzi raccontano questa vita, fatta di fango, di pidocchi, di poco spazio e poco riposo: La notte in cui la guerra si fermò, di James Riordan, L'ultima alba di guerra di Paul Dowswell, War Horse e La guerra del soldato Pace di Michael Morpurgo. E pensavo che invece nella narrativa italiana, se si esclude Cecilia va alla guerra di Lia Levi, Piemme, che però parla di guerra solo di riflesso, bisogna rivolgersi a Emilio Lussu, Un anno sull'altipiano, per avere un racconto che anche i ragazzi possono leggere. Eppure le nostre montagne, e il Carso, sono costellate di trincee, di prime, seconde e terze linee difensive.
freddo, sempre gli stessi vestiti addosso, seduti in attesa del proprio turno di vedetta, o del rancio che arrivava dalle retrovie. Quasi tutti i romanzi per ragazzi raccontano questa vita, fatta di fango, di pidocchi, di poco spazio e poco riposo: La notte in cui la guerra si fermò, di James Riordan, L'ultima alba di guerra di Paul Dowswell, War Horse e La guerra del soldato Pace di Michael Morpurgo. E pensavo che invece nella narrativa italiana, se si esclude Cecilia va alla guerra di Lia Levi, Piemme, che però parla di guerra solo di riflesso, bisogna rivolgersi a Emilio Lussu, Un anno sull'altipiano, per avere un racconto che anche i ragazzi possono leggere. Eppure le nostre montagne, e il Carso, sono costellate di trincee, di prime, seconde e terze linee difensive.
Kobarid, Caporetto. Finalmente un museo bellissimo, pieno di fotografie, di cimeli, di ricostruzioni della nostra disfatta, un video di 20 minuti trasmesso in almeno cinque lingue, un bookshop con testi in più lingue. Il tempo è sempre impietoso, quasi una metafora di una memoria dolente, un grigio cupo e basso chiude la vallata, si respira aria di alta montagna, e la Slovenia è piena di boschi. In alto sopra la città un altro sacrario edificato dal fascismo quando Caporetto era ancora italiana. Ancora i PRESENTE per tutti i soldati che vi sono sepolti. Al museo tanta gente, tante lingue diverse, tanti genitori che cercano di spiegare ai loro bambini un pezzo di storia, tanti bambini che fanno domande, si chiedono e chiedono: come? Perché? E noi ci stiamo preparando per rispondere, senza riempire loro la testa di date, offensive, ripiegamenti e vittorie costate milioni di morti su tutti I fronti?
G.P.



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