Dopo.
Quattro lettere, per una parola a cui molto spesso associamo una forma di stanchezza, un rimandare, un inconscio non voler fare, a cui spesso non sappiamo dare il valore dell'attesa che reca con sé, dello spazio temporale che crea, come se il fatto di dire dopo dovesse per forza considerarsi un mettere in secondo piano. A volte sembra che l'idea di cogliere l'attimo e quella di una pratica della lentezza debbano per forza essere un contrasto. Poi qualcosa ti ricorda che non è così: c'è un tempo naturale, che in quel dopo raccoglie speranze, culla sorprese.
A volte a una richiesta, a una telefonata vorremmo una risposta subito, senza pensare che forse arriverà con un tempo maturo che non è quello della nostra incapace attesa, ma è quello che albero, o pensiero, o mano-altra hanno nel loro vivere.
Altre volte quel tempo ti mette fra le mani un frutto che avresti occasione di assaggiare, un minuto da vivere, un caffè da prendere, qualcosa da vedere. E tentenni. O aspetti troppo. Perchè anche dopo ha le sue conseguenze. Se la natura ti offre qualcosa sa bene che il suo tempo naturale dura per qualche tempo, finchè non volerà via o non diverrà qualcos'altro.
Dopo , questo libro, è una fotografia con parole misurate a tutto questo. Molto gentile ma con portamento.
Parla dello scorrere del tempo, della vita, delle emozioni. Parla senza troppe parole, disegna senza soffocare il foglio.
Affronta la rabbia e il fiorire, le allegrie e la morte, va a passi leggeri in terre piene di domande, non nasconde nulla al suo lettore, grande o piccolo che sia. "Dopo il tuo compleanno sei un po' più alto. Dopo una lite ci sono le lacrime. Dopo l'autunno l'inverno stupisce." Sul sito di Orecchio Acerbo, che ne cura anche la bella traduzione, trovate un piccolo assaggio in pdf da scaricare di questa nuova opera di Moreau, autore sempre per i tipi di Orecchio Acerbo di A che pensi? (qui il suo sito collegato a tumblr).
"Dopo le capriole mi gira la testa"
"Dopo quest'attimo non ci sarà più quest'attimo"
Affronta i silenzi dello stupore come quelli che svuotano in cuore dopo una delusione.
Anzi più che affrontantarli ti porta per mano a conoscerli. Come scriveva Chesterton sulle fiabe "non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere" , allo stesso modo i bambini come i lettori di qualsiasi età conosco già le lacrime, la rabbia, l'allegria e lo stupore ma in questo libro si trovano ad affrontare visivamente quanto di più straordinario c'è nel reale. Parlandoti del dopo Laurent Moreau ti parla dell'ora. Ti prepara a guardare negli occhi quanto già conosci e potrà accadere. Perchè questo è il dopo, null'altro che un nuovo attimo, l'istante di quanto può accadere condizionato dal tuo adesso, e quel che ancora non conosci. Può riservare cose meravigliose e terribili. Ma si può essere pronti ad entrambe. L'occhio del bambino dalle pagine cerca il suo lettore di tanto in tanto, usa il contatto visivo del miglior narratore o direttore d'orchestra. Il mondo si costruisce sulla pagina intorno a lui, i colori si fanno interpreti di un calore o di un sentimento nuovo, i gesti sono misurati nello spazio dell'azione, in alcuni è inerte ed il mondo gli vortica intorno, in altri solo lo sguardo direzionato muove il suo agire, sino a pagine dove l'intero corpo si muove e partecipa al tempo intorno. E intanto il mondo cambia, fiorisce, si alza in volo.
Mi viene in mente l'uccellino nero di Gli uccelli, di Germano Zullo e Albertine, edito da Topipittori. La storia si muove in una terra spoglia, all'orizzonte un piccolo furgone rosso si avvicina. Quando è alla giusta distanza, sull'orlo di un burrone, si ferma. Ne scende un uomo. Dimenticavo, ha parcheggiato in retromarcia. Quando apre il retro del furgone un volo di uccelli dei colori più diversi si libera nell'aria, ma due occhi, piccoli, timidi, rimangono a fissarlo nel buio. Sono occhi timidi, che quando vengono alla luce rivelano un uccellino nero. Lui decide di partire Dopo. Di compartire degli istanti.
A una prima lettura sembra che tutto accada perchè non è capace di volare. L'uomo gli fa vedere come fare, divide il suo pranzo, gli dedica del tempo. Nessuno di noi sa se il realtà quell'uccellino sapesse volare o meno, non ha importanza, senza chiederselo, l'uomo gli dedica del tempo, lo dedica a quel piccolo bisogno di attenzione. Porta per mano, in quell'attimo che non torna indietro. Lo fa con il tempo giusto, senza forzature, ed ecco che ideale di lentezza come giustizia nello stare al mondo e il vivere l'istante si fondono insieme. Quello che augurerei a ogni bambino, i risultati, lo si impara nell'ultimo volo alla fine del libro, possono essere straordinari.
v.s.
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